Pesticidi nella pasta: cosa fare e come riconoscere quella italiana

I pesticidi nella pasta sono uno degli spauracchi più grandi degli ultimi tempi: la presenza del glifosato nel grano di importazione ha generato e continua a destare enorme preoccupazione nei consumatori italiani. Che vorrebbero tutti trovare sui propri scaffali pasta realizzata con grano coltivato esclusivamente in Italia.

Detto che la richiesta di pasta già in Italia potrebbe essere superiore alla capacità di produzione del nostro paese, sapere che il nostro grano langue nei depositi perché le ditte produttrici preferiscono acquistarlo a somme più basse dall’estero crea enorme malumore tra i consumatori e produttori di materie prime. Vediamo cosa sta accadendo – di  nuovo – alle analisi delle nostre paste e come riconoscere pasta al 100% italiana.

Pesticidi nella pasta: ecco cosa succede

Come si apprende da Libero Quotidiano, che pubblica i dati di una ricerca portata avanti dalla rivista svizzera K-Tipp, sono ben 18 i tipi di pasta presenti sul mercato elvetico che hanno presenza di residui di glifosato, pesticida con possibile azione cancerogena, anche se non in quantità che superino i limiti di legge – cosa da precisare molto bene, perché tali prodotti possono essere per questo commercializzati.

Di questi 18 tipi di pasta, quattro di essi sono di produzione italiana: i tagliolini Agnesi, gli spaghetti di Divella e Garofalo e le Tagliatelle Lidl Combino, queste ultime non distribuite in Italia. Sempre all’interno della stessa ricerca, è andata molto meglio alla pasta proveniente da agricoltura biologica, che non hanno invece registrato traccia del glifosato o di altri pesticidi. C’è da sottolineare che i tre tipi di pasta italiani sono tutti integrali: spaghetti integrali Combino Bio e Spaghettoni e Penne Integrali Barilla.

Ricordiamo che attualmente l’Autorità europea per le sostanze chimiche (ECHA) non definisce certamente cancerogeno il glifosato per mancanza di prove a sufficienza, ma l’Italia ne ha vietato l’uso nelle zone “frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili” come giardini, parchi, campi sportivi e zone ricreative, cortili, aree gioco per bimbi, aree verdi interne a scuole e strutture sanitarie.

Come riconoscere la pasta 100% italiana

Per capire come essere certi di acquistare pasta con grano coltivato in Italia, e quindi al 100% italiana dalla materia prima alla produzione, occorre seguire diversi suggerimenti sottolineati di recente anche da Coldiretti. C’è comunque un fattore da considerare, al quale abbiamo già accennato: il grano italiano viene prodotto in media su 4 milioni di tonnellate all’anno, una cifra che è sufficiente a  coprire solo il 70% della richiesta totale di pasta in Italia. È quindi naturale che una parte del grano sia importato, e questo non vuol dire sempre e necessariamente che sia un grano peggiore. Le disfunzioni iniziano quando qualche azienda decide di sbilanciare completamente l’acquisto della propria materia prima all’estero, e magari abbassando notevolmente il costo della stessa, finisce per importare materia di qualità inferiore.

Ad ogni modo, ci sono due segnali da controllare in etichetta. Sopra la confezione della pasta è necessario che siano presenti le diciture “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Questo tenendo presente però che da gennaio scorso la UE ha abolito l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano usato. Sarà quindi probabile interesse del produttore sottolineare la propria scelta. In linea generale la pasta biologica e integrale dovrebbe essere sinonimo di maggiore probabilità di assenza di residui di pesticidi.