Allerta in Italia: la febbre del Nilo è arrivata anche qui. Ecco come riconoscerla

La febbre del Nilo è arrivata anche in Italia e in tutto il territorio è scattata l’allerta per questa malattia piuttosto pericolosa. La minaccia di epidemie e pandemie virali è una realtà costante nelle scienze biologiche. I virus sono piccoli microrganismi parassiti che possono replicarsi nelle cellule ospiti solo iniettando il proprio DNA o RNA in un’altra cellula vivente.

Una volta all’interno della cellula ospite, i virus utilizzano diverse funzioni della cellula per creare nuove copie di se stessi. Quando questo processo va storto e un virus causa malattie nel suo ospite, si parla di epidemia. La riduzione dei viaggi globali e l’uso di dispositivi di protezione personale hanno eliminato in gran parte il rischio di contrarre malattie come l’antrace, l’ebola, il vaiolo e la peste.

Tuttavia, le malattie emergenti continuano a sfidare i sistemi sanitari avanzati come quelli dei Paesi sviluppati. Dall’influenza aviaria alla SARS e alla MERS, ecco alcune delle minacce virali più comuni che gli scienziati prevedono prenderanno piede nel 2023 e oltre. Negli ultimi giorni si è iniziato a parlare della febbre del Nilo, in quanto è risultato contagiato un nostro connazionale. Quale tipo di malattia si tratta e qual è il suo grado di pericolosità?

Conosciamo meglio la febbre del Nilo

La febbre del Nilo è conosciuta anche con il nome di West Nile e si tratta di una malattia infettiva che si può prendere soprattutto in estate. Il motivo è ben presto spiegato: la causa della malattia è la puntura di una zanzara che inocula il virus. In linea di massima la sintomatologia del paziente può essere priva del manifestarsi di complicazioni.

In alcuni casi, invece, può provocare dei sintomi influenzali che possono essere fraintesi con quelli dell’Omicron 5 del Covid-19. Passa in pochi giorni e non lascia strascichi. Ci sono però alcuni casi dimostrati in cui questo virus può scoppiare in forme neurologiche anche molto gravi che richiedono la degenza all’ospedale o nei casi più gravi causare la morte del paziente.

Il primo focolaio di febbre del Nilo fece la sua comparsa nel 1998 mentre oggi si registrano dei casi quasi ogni anno. I sintomi, come abbiamo già indicato sono simili a un’influenza. Includono il manifestarsi di debolezza e stanchezza generalizzata, mal di gola, tosse e raffreddore, mal di testa e qualche linea di febbre.

A volte una forma di West Nile può causare forti dolori muscolari e articolari, irrigidimento, forte cefalea, nausea e vomito, poca voglia di mangiare, eruzione cutanea nella parte colpita dalla zanzara e linfonodi ingrassati. Questi sintomi possono durare alcuni giorni nei casi più comuni ma possono anche perdurare nel tempo.

Diagnosticare il contagio

L’unico modo per sapere se abbiamo contratto la febbre del Nilo è quello di eseguire un test di laboratorio in grado di riscontrare la presenza di anticorpi relativi al problema. Purtroppo, ad oggi, non esiste un vaccino o una terapia farmacologica capace di proteggerci dal contagio. Per cui rimangono valide le regole di protezione dalle zanzare con l’utilizzo di forme topiche. Evitiamo i luoghi umidi infestati e copriamo la pelle.